La nascita di un figlio avviene molto tempo prima del parto. L’atto generativo ha radici profonde: prima fra tutte, la mente dei genitori che lo desiderano e lo fantasticano. Immaginare un figlio, dare lui uno spazio mentale, è un processo creativo molto importante per l’instaurarsi della relazione futura: la persona, per trovare un suo posto nel mondo fisico, deve prima trovarlo nel mondo interno dei genitori. Non a caso il termine “concepimento” – dal latino “cum” = “con” e “capere” = “accogliere in sé”, “contenere” – riporta sia all’atto fisico della fecondazione, che a quello mentale dell’ideazione e dell’immaginazione. Quello della gravidanza è un periodo di profonda ristrutturazione per i genitori, sia interna che esterna. In modo particolare, la madre, che percepisce e vede sul suo corpo queste trasformazioni, entra in contatto con parti di sé molto profonde, essendo al contempo madre, compagna e figlia.
Questa ristrutturazione è così forte da poterla osservare anche ad un livello ormonale e cerebrale: la preparazione all’incontro con il figlio produce delle vere e proprie modificazioni ormonali e dei mutamenti nella corteccia orbito frontale, in particolari aree che hanno a che fare con la sintonizzazione e regolazione affettiva. Lo scopo di questa modificazione è quello di aiutare la madre a regolare le sensazioni e ad acquisire nuova coscienza del proprio ruolo. Il ruolo della madre, infatti, è influenzato da vari fattori tra i quali le aspettative della società e le esperienze primarie vissute con i propri genitori.
Durante l’attesa, il rapporto tra la madre e il proprio bambino passa da un piano mentale a quello fisico. Determinante affinché questo avvenga sono i primi movimenti fetali, che fanno sì che il bambino possa essere percepito come un individuo separato e distinto dal corpo materno.
Via via che la gravidanza prosegue, si costituisce quella che Winnicott (1956) definisce preoccupazione materna primaria: uno stato psicologico particolare, che durerà anche nei primi mesi successivi al parto, durante il quale la madre, identificandosi con il proprio bambino, riesce a sintonizzarsi con i suoi bisogni e a soddisfarli. Questo particolare stato mentale, secondo l’autore, è presente anche nei padri ed influenza la relazione di cura con il proprio bambino. Negli ultimi vent’anni gli studi sulla perinatalità hanno portato al riconoscimento di un legame tra genitori e bambino che sussiste già molto prima della nascita, definito come “attaccamento prenatale”.
Il viaggio verso l’essere padre e madre è un processo che dà il via ad una rivoluzione, nella quale è richiesta la disponibilità al cambiamento e a una trasformazione dei propri ruoli. È una crisi irreversibile nel ciclo di vita di una coppia e di tutti coloro che sono chiamati a trasformarsi e modificarsi: l’intera società è chiamata a creare uno spazio che possa ospitare una nuova vita, riconoscendola attraverso il suo nome.
Un tempo, nei piccoli paesini, la nascita di un bimbo era accompagnata dal suono delle campane che portava a tutti gli abitanti la lieta novella di un nuovo arrivo. Lo spazio mentale dei genitori, arricchito dalle fantasie anticipatorie, trova terreno nel mondo sociale, poiché l’avvento di un figlio non si può intendere solo come un evento privato e intimo: la messa al mondo di un bambino chiama tutti noi alla costruzione di uno spazio nel quale poterlo accogliere, ad una ristrutturazione identitaria con l’assunzione di ruoli diversi, in maniera più o meno marcata.
La nascita e il concepimento di un figlio, dunque, è un vero e proprio processo ricco di mutamenti: mentali, fisici e relazionali. Un figlio nasce dall’atto di desiderare (letteralmente, fissare intensamente le stelle) che porta con sé l’apertura verso un paesaggio ignoto e per questo anche misterioso.
Il concepimento e la gravidanza portano a percepire emozioni contrastanti: essere spaventati, oltre che gioiosi, è naturale, fa parte di quell’affascinante e immenso mistero che dà origine alla vita.
RIFERIMENTI
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